Due anni fa
Barilla aveva annunciato un progetto di collaborazione con
TNO (Nederlandse Organisatie voor Toegepast Natuurwetenschappelijk Onderzoek, vale a dire il Centro Olandese per la ricerca tecnologica applicata) un vero e proprio concorso, destinato ai giovani designer, ai quali veniva chiesto di progettare nuovi formati
di pasta che si prestassero a essere realizzati con l’ausilio di stampanti 3D.
Furono in tanti ad aderire, considerando che il concorso fu poi pubblicato sulla piattaforma
Thingarage nel quadro dell’iniziativa “PrintEat! Your New Idea of Pasta”: le cronache parlano di centinaia di adesioni, con progetti talvolta molto estrosi.
Ancora oggi, scorrendo le pagine del concorso, si trovano nomi che includono il Tri-Maccherone, l’Iperrigatone, l’Impossibile Pasta, i Gomitoli e ancora la Barilla Noodle Cup.
Tra tutte le proposte, tre emersero nettamente: Rose, Luna e Vortipa, non solo perché giudicate particolarmente adatte ad essere realizzate con tecnologie additive, ma soprattutto perché in grado di coniugare l’estetica con una resa di buon livello anche
dal punto di vista culinario.
Due anni fa, l’esperimento sembrava destinato a rimanere tale. Probabilmente più una
curiosità, se non un proof of concept.
Da Expo 2015 a oggi
Lo scorso anno, invece, l’idea della pasta stampata in 3D è tornata alla ribalta in occasione di Expo 2015.
Per la manifestazione milanese Barilla aveva scelto un ruolo particolare: nessuna presenza diretta, in termini espositivi; una presenza concreta in termini di responsabilità sociale, con la sua Barilla Center Food & Nutrition; un ruolo di mentorship tecnologica, all’interno del Future Food District, come ambasciatrice nell’ambito della tracciabilità alimentare, con applicazioni legate all’Internet delle Cose, e innovatrice, per l’appunto, con la pasta stampata in 3D.
Di nuovo, poi, il silenzio.
Fino alla scorsa primavera, in occasione di uno degli eventi più importanti per chi opera nel settore alimentare: il Cibus che ogni anno si svolge negli spazi della Fiera di Parma.
Giocando di fatto in casa, Barilla ha presentato il prototipo di una stampante 3D, realizzato non a caso con il TNO olandese, in grado di stampare per l’appunto la pasta in diversi formati, semplicemente estrudendo un composto di semola di grano duro e acqua. Nel video che accompagnava la presentazione, Barilla sottolineava come l’utilizzo della stampante 3D richieda semplicemente un file Stl e poi gli ingredienti tradizionali, oltre a quelli che la fantasia, o le necessità alimentari, suggeriscono. Si parla di diverse miscele di grano, così come di spezie in grado di aggiungere profumi all’impasto. Il tutto in pochi minuti di tempo.
Due, stando a quanto la società dichiara.
Due minuti per nuovi business
Il progetto è stato presentato da Fabrizio Cassotta, Innovation Pasta, Ready Meals and Smart Food Manager, che parla di stampare pasta in «formati mai visti prima fatti con gli ingredienti che più ci piacciono», ipotizzando dunque la possibilità di utilizzare ingredienti diversi come verdure, legumi o altre tipologie di farine, cambiando di conseguenza non solo la forma, ma anche il sapore e l’apporto nutrizionale della pasta.
È chiaro che, a questo punto, la domanda spontanea è relativa agli ambiti applicativi.
Non è certo ipotizzabile stampare pasta con le stesse logiche di una produzione industriale, che ancora richiedono il ricorso alle tradizionali trafile, magari prototipate in 3D.
La stampa 3D per la produzione di pasta è una soluzione che si adatta ai ristoranti, che
possono progettare il formato che meglio si presta ai condimenti elaborati dai loro chef,
oppure di una curiosità per i punti di vendita specializzati in prodotti gourmet, che possono sbizzarrirsi e sui formati e sugli impasti.
È prematuro pensare a una diffusione industriale, su piccola, media o larga scala che sia: quella che si è vista a Parma era di fatto ancora un prototipo, non certo pronto per essere certificato per la produzione di alimenti e commercializzato.
Ma la strada è segnata.