Il nuovo rapporto sui materiali per la stampa 3D realizzato da IDTechEx Research ha evidenziato la supremazia dei termoplastici nel mercato dei professionisti, ossia quei soggetti che tradizionalmente utilizzano stampanti 3D desktop.
I dati forniti dalla società di ricerche inglese (riportati nell’immagine sottostante) parlano di un 73% del mercato dei filamenti in mano a chi fornisce il settore professionale. Il 14% del fatturato viene fatto con il segmento industriale e il rimanente 13% con i privati e i maker.
Questo per la società inglese significa che sono molte le piccole e medie aziende che stanno sempre più facendo prototipi, modelli e prodotti finiti per la vendita con la stampa 3D.
Una buona percentuale di macchine desktop, infatti, sono gestite da realtà che non sono ascrivibili all’industria e vengono conteggiate come “professionisti”, ma afferiscono al mondo della produzione e della ricerca e sviluppo.
Secondo IdTechEx la grande quota di mercato dei professionisti richiede filamenti di migliore qualità.
Ci sono migliaia di polimeri termoplastici, osservano da Cambridge, ma solo pochi sono disponibili in forma del filamento.
Gli ingegneri hanno bisogno di stampare prototipi nello stesso materiale in cui il prodotto finale sarà effettuato. Parimenti, i progettisti di prodotto vogliono oggetti stampati in 3D con i materiali che sono abituati a usare.
Termoplastici: in attesa di un buon polipropilene
Prendiamo il polipropilene (PP). Si tratta di un polimero utilizzato in una vasta gamma di applicazioni: imballaggio, tessili, corde, tappeti, cancelleria, contenitori, attrezzature di laboratorio, altoparlanti, componenti automobilistici e banconote polimero.
Si tratta della plastica con la più bassa densità. Normalmente flessibile, ha buona resistenza alla fatica. Spesso è scelto anche per la sua resistenza alla corrosione e lisciviazione chimica e la sua resilienza a molte forme di danni fisici, compreso l’impatto e congelamento.
Fino a poco tempo fa il PP non era disponibile per la stampa 3D per via di vari fattori. La viscosità di fusione è molto bassa, per cui è difficile da estrudere. La sua natura “pseudoplastica” lo rende fortemente dipendente dal peso molecolare, dalla sua distribuzione e dalla cristallinità. Risultato: è difficile far aderire il PP al letto di stampa.
Il PP ha un alto coefficiente di espansione termica. Il restringimento del polipropilene è tipicamente circa 1%, ma la previsione del valore effettivo è difficile a causa della forte influenza delle condizioni di lavorazione. Questo significa che il PP si oppone alla precisa realizzazione di oggetti così come sono stati disegnati.
La domanda di PP è forte, tuttavia secondo l’analista inglese i problemi tecnici non saranno facilmente superati.
IDTechEx comunque prevede che nei prossimi due anni sarà disponibile una gamma più ampia di filamenti termoplastici, per via di pressioni da parte proprio degli utenti professionali e industriali.
Questo fatto aprirà il campo a nuove applicazioni e settori.
La soluzione tecnica con filamenti probabilmente è solo transitoria. Esistono già stampatrici che lavorano con granuli come sono in commercio per la pressofusione. Siccome i granuli costano solo una frazione dei filamenti è più che ovvio che tutti ci lavorano sopra.