«Per favore non chiamateli gioielli». Andrea Gié, fondatore di Smart3D.net a Valenza (Alessandria), insieme ad Andrea Dotta, è tranchant.
Lo spunto per esserlo gli viene dall’osservazione dell’indotto del mercato della stampa 3D, che si sta abituando a definire gioielleria anche i lavori in plastica.
Gié ha chiarito a 3D Printing Creative che non lo sono: «sono gioielli solamente quelli composti da metalli e o da pietre preziose». Tutto il resto è bigiotteria, o bijoux, se si preferisce, senza sminuirne i pregi dal punto di vista della ricerca stilistica o del design.
Gié viene da una terra in cui l’arte orafa e del gioiello in genere ha dato il pane a generazioni di famiglie.
Insieme all’amico Dotta ha conosciuto e coniugato la tecnologia della stampa 3D con il proprio settore. Il fine era creare un prodotto italiano, per un settore che vuole rimanere italiano e tenere il lavoro in Italia. Per questo la prima realizzazione, un software per temperstare le pietre, fu ideato per consentire di fare, a un artigiano di Valenza il lavoro di più cinesi, e in un tempo inferiore.
La logica conseguenza del software sono state le stampanti Tucano e MiiCraft HR: concorrenziali a quelle statunitensi, sia a livello tecnologico che di prezzo. Di fatto, la società di Valenza si propone con un modello del tutto simile a quello di Stratasys o 3D Systems, proponendo la macchina, il software e i materiali per stampare.
La storia completa di Smart3D.net, dei suoi fondatori e del mercato della gioielleria in 3D la potrete leggere sul prossimo numero di 3D Printing Creative in uscita a dicembre.