C’è chi la usa per divertirsi a stampare fischietti otorri di scacchi in taverna. Ma c’è anche chi attorno alla stampa 3D, che ha superato il quarto di secolo di vita ma che è sulla bocca di tutti soltanto da qualche anno, ha costruito un’azienda artigiana per produrre oggetti di ricambio introvabili. E poi ci sono le grandi manifatture che da anni la usano per la prototipazione rapida e stanno cominciando a impiegarla sempre di più anche per la produzione di oggetti definitivi da mettere in commercio.
E allora si parla di produzione rapida, produzione digitale o manifattura additiva, per citare alcuni dei termini in voga. Un modo di costruire che non soppianterà il sistema tradizionale di fabbricare, ma sempre più frequentemente lo affiancherà nei processi produttivi o, tornando agli artigiani, rappresenterà semplicemente un attrezzo in più nei loro laboratori accanto a trapani e frese.
Tecnologie da scegliere attentamente pesando volumi, materiali, applicazioni. Pensiamo alla tradizionale stampa. Un artigiano può fare un’opera unica fabbricando a mano la carta sulla quale imprimere immagini e parole con un torchio, rilegando il libro a mano. Ha un suo valore e una sua ragione. Mille copie di libro d’arte di buona qualità in teoria si potrebbero anche ottenere con una stampante a getto d’inchiostro da scrivania da ottanta euro, ma con costi e tempi impensabili rispetto alla stessa opera realizzata con una macchina da stampa offset dal costo di un paio di milioni di euro.Lo stesso discorso vale per la stampa 3D: bisogna usare i sistemi e i materiali giusti per ogni applicazione.
Ma quali sono tutte le applicazioni possibili della manifattura additiva, con quali dispositivi e materiali si possono realizzare?
Lo potete scoprire sul numero di settembre di 3D Printing Creative, nelle edicole italiane, in digitale e su dispositivi mobili (iOs e Android) dalla fine di agosto.