Fondatore e presidente di TheFabLab (quattro dipendenti e un fatturato di qualche centinaio di milioni di euro, che per le strutture di questo genere in Italia sono numeri grandi) Massimo Temporelli è da sempre è un innamorato dell’eleganza dei numeri, di come danzano quando la matematica viene applicata alla vita di tutti i giorni.
Addio alla lentezza
La svolta del Fablab
Colorni, e un gruppo di altre persone intenzionate a far convergere le proprie passioni e interessi in un ambito associativo, abbiamo ottenuto un contributo della Fondazione Mike Bongiorno, ente morale senza fini di lucro e indipendente nata per promuovere innovazione e creatività, e abbiamo aperto presso la loro sede in Bovisa una struttura chiamata FabLab Milano. Ben presto però io e Francesco ci siamo resi conto che in noi prevaleva l’idea di una struttura diversa, una vera e propria società di capitali che potesse dar luogo a un business concreto».
Ed ecco quindi la nascita di TheFabLab con la sede storica nei locali della Società Italiana Arti e Mestieri, primo partner istituzionale di TheFabLab, affiancata ora dallo spazio all’interno del Talent Garden. I fatti sembrano aver dato ragione ai tre soci, visto che la loro creatura ha un fatturato in forte crescita e paga regolarmente gli stipendi ai tre dipendenti. Merito di un modello di business ben concepito, anche se non del tutto aderente alle linee guida tracciate da Neil Gershenfeld del MIT di Boston per il quale i FabLab (contrazione di fabrication laboratory) dovevano essere semplicemente piccole officine concepite per offrire servizi personalizzati di fabbricazione digitale, aperte a tutti e dotate con stampanti 3D, macchine da cucire, tagli laser, frese e così via.
Sogno metal
La terza racchiude l’attività di design di TheFabLab, che va dalla progettazione sino alla produzione di piccole serie da immettere sul mercato. L’ultima è relativa alla consulenza sui processi fornita a piccole e grandi aziende. Rispetto ai FabLab tradizionali, è l’equilibrio tra queste attività ad essere anomalo. «Il 40% delle nostre entrate deriva dal design, mentre il 30% riguarda l’attività di consulenza. Il rimanente 30% è equamente suddiviso tra l’attività educativa e quella di service». Insomma, una cosa altra rispetto al tradizionale FabLab. Molto vicina a uno studio di progettazione e consulenza (d’altra parte Colorni e Gamucci sono designer), però rigorosamente digitale e con gli strumenti che servono anche per fare, oltre che per pensare. Non è un caso che il payoff di TheFabLab sia “Make it Real!”.
Massimo Temporelli spazia con lo sguardo sul nuovo spazio di Via Calabiana. «Ti piace?», chiede con la certezza di sapere quale sarà la risposta. Sì, ma qual è l’attrezzatura che ti manca e che vorresti in questo momento se io avessi la possibilità di materializzarla ora? Un secondo, due, dieci secondi, venti secondi. È tornato alla lentezza. «Forse. Anzi sicuramente una stampante di metalli. È il nostro sogno proibito».