Il Digital Hack Lab della University of Hertfordshire ha sviluppato un sistema per la stampa 3D di tessuti che ha dato vita a una collezione di abiti e accessori presto proposta attraverso il sito del progetto e in esposizione a Londra.
L’obiettivo principale del progetto, denominato Modeclix, era portare l’utilizzo della stampa 3D nel fashion oltre l’approccio quasi “scultoreo” di designer già molto noti.
Una delle sfide principali nell’adozione della stampa 3D nel fashion, spiegano infatti i responsabili del progetto, sta nel fatto che di solito non vengono prodotti “tessuti” che siano paragonabili a quelli tradizionali per flessibilità e dinamicità del movimento.
Dato che per ora è impossibile produrre in stampa 3D qualcosa che sia praticamente bidimensionale come un tessuto vero, Modeclix ha puntato alla generazione di una maglia di elementi base connessi liberamente fra loro e abbastanza piccoli da essere poi, nel loro complesso, “morbidi” in maniera almeno paragonabile agli abiti convenzionali.
In questo caso il vantaggio della stampa 3D è che gli elementi base possono avere una forma diversa a seconda del singolo “blocco” di tessuto, il che permette un certo grado di personalizzazione ancora prima della fase di stampa.
Dopo che i “drappi” di tessuto in stampa 3D sono stati prodotti, possono essere combinati manualmente sino a comporre un particolare capo di abbigliamento. Anche la colorazione avviene dopo la stampa e può prevedere, si spiega, migliaia di colori.
Modeclix ha portato sinora alla creazione di otto vestiti e due cuffie, a dimostrazione che la stampa 3D può andare oltre la creazione di abiti “concettuali” d’effetto ma privi o quasi di movimento.
Secondo Shaun Borstrock, reponsabile del Digital Hack Lab, “è solo una questione di tempo prima che la stampa 3D trovi spazio nei negozi di moda tradizionali come parte della vita di tutti i giorni”.