Il presente ed il futuro della stampa 3D si sta sviluppando in due direzioni: l’innovazione tecnologica applicata alla produzione e l’introduzione di nuovi materiali, sia plastici che metallici, alcuni dei quali impensabili da poter stampare solo fino a pochi anni fa.
Nell’ottimizzazione della produzione una parte degli sforzi si concentra sulla velocità di produzione con tecnologie innovative sempre più rapide come le Jet Fusion di HP o sull’aumento del numero di laser che possono operare in contemporanea, come le ultime stampanti Eos, una delle quali, la M300-4 è stata da poco messa in linea nello stabilimento tedesco di Protolabs, dedicata alla stampa 3D dell’alluminio.
Ed è proprio Andrea Landoni, Emea 3DP Product Manager di Protolabs, che spiega come anche per le fasi di post-produzione si cercano soluzioni per ottenere componenti sempre più rifiniti senza dover riprendere il pezzo con lavorazioni e rifiniture manuali, così da garantire ripetibilità, costanza qualitativa e maggiore velocità di produzione a parità di qualità estetica e funzionale del prodotto stampato: si va da tecnologie di levigatura automatica per parti in plastica all’automazione spinta di tutte le fasi di lavorazione del post-produzione nei moderni stabilimenti produttivi di stampa 3D di livello industriale.
Guardando ai materiali, gli sforzi si focalizzano sul rendere più performanti quelli che già si stampano e nell’introdurre nuovi materiali con caratteristiche tali da renderli adatti all’impiego in molti settori, anche in quelli più “esigenti” come il medicale, l’automotive o l’aerospaziale.
Landoni in vita a pensare, ad esempio, al true silicone, che viene estensivamente impiegato nell’industria per la produzione di guarnizioni, ma è richiesto anche nel settore elettronico e dell’elettronica di consumo fino a trovare interesse nel medicale.
Alcune caratteristiche intrinseche dei nuovi materiali stampabili in 3D sono molto apprezzate tra designer, progettisti e ingegneri di prodotto: si pensi alla durezza del cromo cobalto, alla leggerezza dell’alluminio o alla flessibilità di impiego del polipropilene.
Per quanto riguarda lo sviluppo della tecnologia additiva per Landoni è naturale fare un parallelismo con la storia dello sviluppo del computer: all’inizio c’erano calcolatori costosi che, dopo pochi decenni, sono diventati compatti, per arrivare ai giorni nostri in cui utilizziamo la potenza di calcolo di macchine potenti che non abbiamo acquistato: il cloud, dove l’infrastruttura diventa un servizio a disposizione dell’utente.
Sarà così anche per la stampa 3D? Riceveremo i prodotti stampati in 3D senza aver acquistato la stampante?
In parte sicuramente sì perché avviene già adesso.
Il modello di servizio del cloud
Ma quando è conveniente esternalizzare la produzione di prototipi e componenti prodotti in volumi ridotti stampati in 3D?
Lo sviluppo di un nuovo prodotto o di un nuovo componente passa attraverso varie fasi, in ciascuna delle quali è individuabile la migliore tecnologia di produzione in base ai risultati che si vogliono ottenere, al budget che si ha a disposizione e alle tempistiche del progetto.
Se siamo in una fase precoce del progetto, spiega Landoni, dove è necessario abbozzare un’idea dandole una forma in un prototipo prodotto in pochi pezzi, allora una stampante a filo FDM o una piccola stampante SLA/DLP può essere una scelta opportuna, combinando l’immediata disponibilità di produzione con i costi di realizzazione alquanto contenuti.
Diverso è invece il caso in cui il componente deve sì essere realizzato in pochi pezzi, ma deve rispondere alle esigenze estetiche e meccaniche richieste per superare le fasi di test e collaudo.
Vi sono poi pezzi che devono essere necessariamente stampati in 3D semplicemente perché irrealizzabili con altre tecnologie di produzione, vuoi per la complessità della geometria o il tipo di materiale da utilizzare.
E non va dimenticato che nel ciclo di vita di un prodotto, sarà necessario prevedere anche la possibilità di sostituire con pezzi di ricambio i componenti usurati o difettosi e in questo caso la stampa 3D diventa l’unica soluzione possibile per ottenere pezzi tali e quali ai componenti originali, in pochi giorni e senza aver tenuto a magazzino per anni enormi quantità di ricambi.
Una stampante 3D che stampa il rame
Una stampante per la stampa 3D dei metalli, non discostandosi molto dalle cifre necessarie per la Sinterizzazione Laser dei polimeri, costa tra i 250 e i 500.000 euro e necessita dalle 6 alle 8 settimane per per entrare in funzione, contando che diverse settimane sono necessarie per parametrare la stampante in base alle specifiche esigenze della produzione.
Va inoltre considerato che, come successe per lo sviluppo dei computer, le macchine a forte spinta innovativa hanno un alto rischio di obsolescenza tecnologica per cui un investimento che appare giustificato in un periodo, potrebbe risultare velocemente un pessimo affare.
Per ottenere i primi pezzi non è sufficiente investire in una macchina che produce dei pezzi più o meno velocemente e più o meno di qualità: sarà necessario formare il personale per acquisire il know-how per avviare la produzione, programmare aggiornamenti continui con il personale interno in modo da ottenere lotti di qualità costante, significa dedicare risorse alla manutenzione che andranno coordinate con l’assistenza tecnica del produttore della stampante e non da ultimo – spesso sottovalutato e sottostimato visto che sarà un costo ricorrente – nel materiale di produzione, ovvero le cosiddette polveri di sinterizzazione, che devono spesso essere acquistate in quantità minime di 100 kg ad un costo anche di 100 € al chilogrammo.
Inoltre, non va mai dimenticato che un oggetto che è stato appena prodotto da una stampante 3D raramente lo si può definire pronto per essere spedito: deve essere ripreso togliendo i supporti ed eseguite le lavorazioni supplementari come la lucidatura e la levigatura – per citare solo le più frequenti – per renderlo apprezzabile dal punto di vista estetico.
Come si sceglie la tecnologia
Sicuramente, dice Landoni, la scelta va ponderata in base alle proprie esigenze. Se si producono pochi esemplari e si ha l’urgenza di passare da un’idea abbozzata ad un oggetto fisico, le più comuni stampanti potrebbero essere sufficienti.
Se, di contro, si producono componenti in quantità sufficienti a giustificarne l’investimento e con materiali non molto dissimili, si potrà optare per una stampante 3D semi industriale, ben sapendo che oltre alla stampante si dovrà investire in formazione, manutenzione e materiale di produzione.
Per tutti gli altri casi, invece, l’opzione più immediata e conveniente è rivolgersi ad un service esterno che conosce le varie tecniche di produzione, mette a disposizione un magazzino ben rifornito di vari materiali ed è in grado di consigliare quale tecnologia si adatta meglio al proprio progetto, nonché è capace di intervenire con lavorazioni supplementari e servizi aggiuntivi in grado di rifinire il componente fino ad ottenere un prodotto simile e talvolta uguale al prodotto che verrà messo in produzione.
E su questo, è di sicuro aiuto per tagliare i tempi di immissione nel mercato dei nuovi prodotti, rivolgersi a chi è in grado di fare da “ponte” tra una tecnologia e un’altra come nel caso dei componenti che sono prototipati utilizzando la stampa 3D ma che dovranno essere poi massivamente prodotti utilizzando lo stampaggio a iniezione.