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Produzione additiva come risposta all’obsolescenza?

I progressi nella produzione additiva inducono molti a pensare che a breve sarà possibile stampare in 3D qualunque pezzo, in qualsiasi forma e materiale, risolvendo il dilemma dell’approvvigionamento e dell’obsolescenza.

Ma è davvero così semplice? Jonathan Wilkins, direttore presso il fornitore di componenti per l’automazione EU Automation, ci spiega perché l’additive manufacturing non può sostituire un buon piano per la gestione dell’obsolescenza.

Nella produzione additiva, dice Wilkins, La gamma di materiali utilizzabili è praticamente infinita: plastiche innovative, leghe metalliche ma anche cemento, cera, resine e persino tessuto umano.

Chi è Jonathan Wilkins

Jonathan Wilkins è direttore di EU Automation, un distributore di componenti per l’automazione industriale specializzato nella ricerca di componenti obsoleti. Jonathan ha pubblicato decine di articoli tecnici sull’automazione industriale, l’Industry 4.0 e la corretta gestione dell’obsolescenza. È l’autore di BOOM! Book of Obsolescence Management e 4.0 Sight – Digital Industry around the World.

Uno dei più recenti progressi in questo settore è la possibilità, esaminata poco tempo fa da Sandvik Coromant, di stampare con polvere di diamante, dando al materiale più duro presente sulla Terra la forma geometrica desiderata.

L’additive manufacturing, per Wilkins presenta diversi vantaggi rispetto alla produzione sottrattiva.

Per esempi, è possibile stampare forme complesse e vuote all’interno senza scarti, poiché nel processo viene aggiunta solo la quantità di materiale necessario.

Questo l’ha resa una tecnica diffusa nei campi che richiedono la produzione di componenti specifici in piccoli lotti, quali ad esempio il settore aerospaziale o biomedico, e ha portato a cospicui investimenti volti a scoprire come l’additive manufacturing potrebbe contribuire alla gestione dell’obsolescenza dei componenti per l’industria manifatturiera.

Jonathan Wilkins, EU Automation

Il problema dell’obsolescenza

La nostra società industriale, osserva Wilkins, è caratterizzata da rapidi sviluppi tecnologici nell’impiego di big data, automazione e calcolo. Queste tecnologie hanno avuto un impatto positivo sull’industria manifatturiera, consentendo ai direttori di stabilimento di massimizzare la produttività, ridurre gli sprechi e creare un ambiente di lavoro più sicuro per i loro dipendenti.

D’altro canto, i componenti tecnologici, sia hardware che software, tendono ad avere una vita utile più breve. Una volta che vengono immesse in commercio versioni più recenti degli stessi componenti, il produttore dell’apparecchiatura originale (OEM) potrebbe cessare la produzione della versione acquistata dal costruttore, rendendola obsoleta.

Quando un componente obsoleto si rompe, trovare dei ricambi analoghi può essere difficile. Pertanto è fondamentale gestire l’obsolescenza, poiché la rottura o il malfunzionamento di componenti obsoleti espone l’azienda a un costoso periodo di inattività o anche all’eventualità di dover ammodernare l’intero impianto.

Additive manufacturing, le questioni da risolvere

Gli ingegneri dei materiali al momento stanno studiando le potenzialità dell’AM per la gestione di alcuni aspetti dell’obsolescenza. L’idea di base è che se un componente non è più disponibile presso l’OEM, può semplicemente essere stampato in 3D.

Gli stakeholder che operano in settori altamente regolamentati, dove il passaggio a componenti più recenti implica montagne di scartoffie e tanti adempimenti burocratici, si sono dimostrati particolarmente interessati a esaminare questa possibilità.

Ad esempio, diverse autorità nazionali, tra cui i governi degli Stati Uniti e della Svizzera, hanno già istituito programmi di ricerca per studiare le potenzialità dell’additive manufacturing per far fronte all’obsolescenza in campo militare.

Sebbene i risultati siano promettenti, per Wilkins vi sono ancora importanti questioni di natura tecnica e burocratica da risolvere prima che l’additive manufacturing possa essere utilizzata su larga scala per gestire l’obsolescenza dei componenti per l’industria manifatturiera.

Una questione tra le tante, per Wilkins, riguarda la compliance normativa. Da un punto di vista giuridico, non vi è chiarezza sulle condizioni che i componenti stampati in 3D debbano soddisfare per garantire che possano essere utilizzati in tutta sicurezza in una determinata applicazione.

Questo è in particolar modo vero per i settori altamente regolamentati quali il nucleare, l’industria farmaceutica o quella degli alimenti e delle bevande, dove il tipo di componenti utilizzati o la frequenza della loro sostituzione sono dettati dalla legge.

Da un punto di vista strettamente tecnico, secondo Wilkins, il principale difetto dell’additive manufacturing è che se da un lato potrebbe contribuire alla gestione dell’obsolescenza dei componenti meccanici, non è chiara la sua utilità per altri tipi di obsolescenza, ad esempio nel campo dell’elettronica.

I componenti meccanici, l’elettronica, i cavi, il software, le competenze possono tutti andare incontro all’obsolescenza e le soluzioni che affrontano esclusivamente un aspetto possono essere utili solo in parte.

È per tutti questi motivi, secondo Wilkins, che l’additive manufacturing non può sostituire un piano per la gestione proattiva dell’obsolescenza che, al momento, rappresenta il miglior modo per ridurre al minimo le sue ripercussioni negative.

Obsolescenza, serve un approccio integrato e un responsabile

L’obsolescenza secondo Wilkins è la conseguenza naturale del progresso tecnologico e della commercializzazione di soluzioni sempre più efficienti. Di conseguenza, non è completamente inevitabile.

Il suo impatto su un’azienda, però, può essere ridotto drasticamente.

I principali approcci alla gestione dell’obsolescenza sono due: reattivo e proattivo.

L’approccio reattivo consiste nell’adottare delle misure per sostituire o riparare i pezzi in caso di guasto; l’approccio proattivo invece si basa sul monitoraggio costante e sulla pianificazione per evitare in primo luogo che si verifichino delle avarie.

Naturalmente per Wilkins è da preferire un approccio proattivo poiché consente ai produttori di pianificare in anticipo, approvvigionandosi dei pezzi di ricambio dove è più conveniente, se necessario costituire delle scorte, ed evitare o ridurre al minimo il periodo di inattività a causa di guasti imprevisti.

Per attuare questo approccio i produttori devono conoscere il ciclo di vita previsto delle proprie attrezzature e tenersi aggiornati su quali componenti andranno fuori produzione a breve termine. Negli stabilimenti di piccole e medie dimensioni, potrebbe essere sufficiente avere un foglio di calcolo dei cicli di vita delle attrezzature e tenerlo aggiornato; negli stabilimenti più grandi, gestire l’obsolescenza può diventare un lavoro a tempo pieno.

A tale scopo, un responsabile dell’obsolescenza può rappresentare una buona soluzione. Questi professionisti possono aiutare a seguire le fasi della vita dei componenti per l’industria manifatturiera, monitorare lo stato dei macchinari e degli utensili, raccogliere dai sensori i dati per la manutenzione predittiva e pianificare le riparazioni necessarie addirittura prima che si verifichi un guasto.

È anche importante avere accordi di collaborazione con un fornitore affidabile che possa consegnare i pezzi con rapidità ed efficienza, riducendo al minimo il periodo di inattività.

 

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