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I droni e la regolamentazione

L’area dei droni è senz’altro quella che meglio incarna la rivoluzione digitale e tecnologica del software, delle reti e della produzione integrata desktop/fabbrica.
I multicotteri, ma anche i velivoli ad ala fissa, sono continuamente perfezionati attraverso prove e prototipi che un’intera community fa su tutte le componenti e sul loro assemblaggio. La loro evoluzione, caotica e forsennata, ricorda quella degli anni d’oro della Silicon Valley, quando si stava inventando il mondo delle memorie a semiconduttore e dei microprocessori.
Questa situazione sta però per subire profonde modifiche, proprio in conseguenza del valore delle singole soluzioni all’interno d’un mercato semplice da aggredire da parte di
grandi aziende. Un esempio chiaro può essere la riclassificazione dei droni, compresa la modifica del peso massimo dei micro, portandolo dalla misura “italiana” di 300 grammi ai 250 grammi che sono il limite internazionale.
Partendo dalle parole degli attori di questo settore, incontrati al Roma Drone Urbe 2016, abbiamo cercato di tratteggiare le modifiche che attendono la fascia di modelli più maneggevoli.

Libero, purché inoffensivo

DroneLa parola chiave delle prossime normative, direttamente ed indirettamente, è la capacità di creare danno alle cose e soprattutto alle persone.
Il termine usato è in realtà l’inoffensività, obiettivo centrale del regolamento Enav varato a luglio 2015 e via via in fase di affinamento. L’offensività viene valutata in rapporto all’energia messa in gioco e al tipo di oggetto del quale si parla. Un microdrone da 300 grammi viene ritenuto inoffensivo.

 

Dal 1° luglio scorso tutti i droni, o Sapr che dir si voglia, devono avere a bordo un chip che permette di tracciarli per sapere in tempo reale chi vola e quali permessi ha. È già attivo un protocollo tra l’Enac e il Ministero degli Interni per avere subito l’accesso reciproco alle banche dati e per la riclassificazione dello spazio aereo, in un sistema che promette la tracciabilità completa del volato e la registrazione dei dati di volo, come già si fa per gli altri velivoli. Si parla anche della scatola nera, analoga a quella degli aerei, la cui versione attuale pesa però circa 20 kg e quindi riguarderà altre fasce di velivoli.

La piena integrazione dei droni nel traffico aereo è prevista per il 2023.
Certo la situazione è resa pesante sia dalle avveniristiche inesattezze dei media, sia dal rischio che i droni diventino arma politica: nella campagna elettorale per il Comune di Roma, infatti, un candidato si è dichiarato favorevole all’uso pubblico dei droni per la sicurezza della città su aree specifiche (i campi Rom). Ovviamente, una politicizzazione della questione sarebbe quanto mai deleteria.

Ma anche altre questioni chiedono attenzione. Nel momento in cui saremo normativamente più uniformi agli altri Paesi, infatti, gli operatori esteri, spesso più forti dei nostri, troveranno più semplice proporsi anche sul nostro territorio. Per crescere, gli italiani dovranno aver successo anche sui mercati esteri, chiedendosi se consolidarsi su nazioni competitive quanto l’Italia (la Francia) o anche meno, o se sfidare i grandi su aree più competitive come Germania e Regno Unito.

Anche la lotta all’abusivismo mostra una doppia faccia. Se è vero che l’abusivo promette servizi e risultati a prezzi bassissimi e di qualità altrettanto bassa, ma non riconoscibile dal committente, è anche vero che il loro numero sembra molto maggiore di quello di chi è in norma.
La ricerca di commesse pubbliche, infine, è da sempre una richiesta degli italiani, che difficilmente viene esaudita. Il settore pubblico ha già le sue difficoltà nell’aggiornarsi su altri settori, per cui difficilmente riuscirà ad affrontare anche quello dei robot volanti.
Più semplice appare affidarsi al settore impiantistico, che ha necessità di rielaborare il processo complessivo nell’ottica di ridurre le spese di esercizio e che nei droni trova un alleato essenziale.

Sicurezza e assicurazioni

Un secondo elemento di grande importanza nelle valutazioni future è la capacità degli italiani di rispettare le normative.
Un punto di vista significativo è quello delle coperture assicurative, nelle quali siamo più che carenti.
L’Enac ha finora certificato 150 operatori, pubblicando 1.800 autorizzazioni, relative a 1.300 piccole e piccolissime aziende con flotta da 1 solo drone. Nello stesso periodo, le polizze attive sono state meno di 800, quindi la metà degli autorizzati vola senza assicurazione. Questi numeri ovviamente non comprendono né gli appassionati, né gli abusivi, il cui totale è diverse volte quello di chi ha ottenuto l’autorizzazione. Si tratta di una situazione che deve cambiare decisamente: una proposta valida viene dalla polizza mirata di CabiI Broker.
Ma ci chiediamo: quanto sarebbe difficile rendere l’assicurazione obbligatoria, per di più una volta che avranno a bordo un chip d’identificazione (e schedatura)? La domanda è ovviamente retorica.

Facendo droni

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Il quadro di riferimento che a nostro avviso è il più pesante è però quello tecnologico, che va considerato in tutta la sua dinamica. Oggi i droni sono probabilmente l’area a maggior accelerazione di sviluppo, e ciò comporta una guerra su tutto: brevetti, materiali, processi. Si può fare un confronto con gli smartphone, dispositivi nei quali sono contenuti tantissimi brevetti (c’è chi dice oltre mille, contandoli, chi teorizza siano molti di più).

La situazione è del tutto analoga per i droni, per i loro subassiemi (sensori, batterie, eliche, ruote, motori, stabilizzatori) e per i sistemi complessi che li sfruttano in maniera integrata.
Per progettare un device complesso come un quadricottero si possono fare molte scelte tecniche diverse, più o meno integrabili con la propria flotta, ma per venderli bisogna avere un apparato legale sempre più articolato ed efficiente. Questo si vedrà direttamente nei prototipi dei modelli in giro per il mondo: se finora c’è stata una gioiosa competizione tra i vari produttori a mostrare le soluzioni anche parziali non appena uscite dal proprio laboratorio, via via i nuovi modelli verranno mostrati solo una volta che sia completato l’iter di brevettazione di ciò che è proprio e di licenza di ciò che è altrui, rendendo lo sviluppo più da cattedrale che da bazaar, per parafrasare un concetto proveniente dal mondo del software libero.
Finora gli appassionati e i produttori hanno vissuto in un giardino felice nel quale si scambiano informazioni alle fiere e sulle rispettive pagine Facebook, in un’osmosi ricca e continua, ma a breve questa situazione potrebbe cambiare.
Il mondo della dronistica, infatti, potrebbe vivere una forte separazione tra questi due mondi. Gli appassionati continueranno ad essere liberi o quasi di scopiazzare brevetti altrui perché realizzati con mezzi ridotti, personali o da Fablab, sapendo che il buon senso impedirà ai titolari delle proprietà intellettuali di far loro causa per l’uso dei loro brevetti in “modica quantità” ad uso personale o poco più. Questa possibilità sarà però preclusa ai produttori di grandi dimensioni, i cui investimenti in ricerca e sviluppo richiederanno esborsi ingenti in apparecchiature più sofisticate di quelle di un Fablab, adatte anche a successive produzioni di piccola serie, le cui soluzioni dovranno restare confinate dentro le mura aziendali fino al momento della disponibilità commerciale del nuovo dispositivo.

È il tempo dei servizi

Mentre aspettiamo che ci consegnino le pizze a domicilio, cosa possiamo fare davvero con questi device per la società? L’ispezione anche automatica permette di modificare processi importanti, trasformando l’attesa dell’emergenza, e la successiva gestione, in manutenzione programmata.
I droni funzionali e sicuri sono essenziali in mondi per i quali l’obiettivo non è la ripresa video, ma bisogni veri come topografia, termografia, ispezione di grandi impianti. Con una piccola flotta si può fare monitoraggio di abusi o di dissesti anche geologici, spostando alla prevenzione quello che oggi accade solo a disastro avvenuto. Oltre alla gestione delle flotte, questi settori richiedono altre competenze: fotogrammetria, topografia, simulazione di lavoro reale. C’è poi tutta una filiera dei dati: gestione ed attendibilità dei dati, il post-processing, la restituzione dei dati al cliente, tutte fasi specifiche rispetto al volo del drone in sé. Il mercato dei servizi specifici è già maturo e ci sono molti operatori che possono erogarli, forse in quantità superiore alla domanda attuale. Bisogna però andare a vedere quali mercati ne hanno effettivo bisogno. Un esempio concreto spesso portato negli eventi riguarda la rete ferroviaria: Rfi ha circa 5.000 punti di accesso non facile che per essere ispezionati richiedono investimenti e blocchi del traffico dalle conseguenze molto estese. Un altro esempio sono le centrali elettriche, anche a fonti rinnovabili, la cui ispezione è ideale se svolta con i droni, tant’è che da svariati anni i grandi fornitori investono nel settore, finanziando anche e soprattutto startup innovative su questa tecnologia.

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